Da adulti si cerca sempre di proteggere i più piccoli, a maggior ragione quando si tratta dei propri figli. Si cerca, infatti, di tenerli lontani dalle atrocità del mondo e dalla sofferenza ma a volte, questa incombe ed è inevitabile doverne parlare.
E’ il caso della guerra e di quello che in queste settimane ci viene proposto quotidianamente sui giornali, in televisione e online.
Temi come questo sono difficili da tenere a distanza. Temi come questo sono necessari da trattare, perchè si divulghi il concetto di “scelta” e “libertà”, perchè solo parlandone e conoscendo i fatti e di cosa si tratta, si può rimediare.
“Quel che è accaduto non può essere cancellato ma si può impedire che accada di nuovo” (A. Frank)
Come spiegare, dunque, la guerra ai bambini?
Sicuramente non minimizzando e trattando superficialmente il tema; partiamo dal capire cosa i bambini sanno e stimoliamoli alla riflessione.
In base all’età si possono adottare strategie diverse: per i più piccoli, ad esempio, si può ricorrere all’aiuto di racconti che introducano l’argomento (vedi “La Strabomba” di Mario Lodi o “Promemoria” di Gianni Rodari), mentre con i più grandi, gli adolescenti che probabilmente riporteranno la questione a videogiochi e tutto ciò che è finzione, si può riportare storie di coetanei e stabile, così, un certo grado di empatia.
Spiegare ai bambini che la guerra è una scelta, così come la pace e quest’ultima persiste solo se il rispetto reciproco, l’importanza dei valori e dei diritti umani vengono rispettati, condivisi e messi in pratica ogni giorno.
Partire dalle loro domande e fornire risposte chiare, delicate ed empatiche, evitando di dare risposte a cui noi stessi non crediamo (ed esempio dire di stare tranquillo con voce tremante e spaventata) ed evitiamo di lasciarli da soli davanti a televisioni, computer e tablet in cui non riusciamo a controllare in anteprima le notizie.
“Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre”. (Primo Levi)